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Airbnb e locazioni brevi

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 9188 del 24 ottobre 2023, ha recepito le indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (decisione del 22 dicembre 2022 – causa pregiudiziale C-83/21) che ha ritenuto legittima la normativa italiana che obbliga i portali ad operare una ritenuta del 21 per cento sull’ammontare dei corrispettivi riscossi per conto dei locatori brevi non imprenditoriali e a trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati relativi ai contratti di locazione breve conclusi tramite i portali stessi.

Secondo la Corte di giustizia europea, però, l’articolo 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea non consente alla normativa di uno Stato membro di imporre ai prestatori di servizi di intermediazione immobiliare non residenti o non stabiliti di designare un rappresentante fiscale residente o stabilito nel territorio dello Stato membro di imposizione.

In conformità alla decisione della Corte di giustizia europea, il Consiglio di Stato ha in primo luogo disapplicato, in quanto in contrasto con il diritto UE, l’articolo 4, comma 5-bis, secondo periodo, del decreto legge n. 50 del 2017, che prevede che i soggetti non residenti riconosciuti privi di stabile organizzazione in Italia, ai fini dell’adempimento degli obblighi derivanti dalla norma, in qualità di responsabili d’imposta, debbano nominare un rappresentante fiscale individuato tra i soggetti indicati nell’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

Il Consiglio di Stato ha invece respinto gli altri motivi di ricorso presentati da Airbnb, confermando la legittimità degli altri obblighi previsti dalla normativa, evidenziando quanto segue:

– la disciplina legislativa nazionale in esame può comunque operare anche con l’espunzione del dovere di nomina, da parte degli intermediari non stabiliti, di un rappresentante fiscale in Italia;

non altera la concorrenza, in ragione della presunta maggiore gravosità per un operatore non residente né stabilito, l’obbligo di raccogliere e successivamente comunicare all’amministrazione fiscale nazionale i dati relativi ai contratti di locazione stipulati a seguito della intermediazione e, qualora l’operatore abbia incassato i canoni o i corrispettivi corrispondenti oppure sia intervenuto nella loro percezione, di prelevare alla fonte l’ammontare dell’imposta dovuta sulle somme versate dai conduttori ai locatori e versarla all’Erario;

– tale maggiore gravosità oggettivamente non sussiste, in quanto le maggiori difficoltà lamentate da Airbnb sono, in realtà, quelle che ogni operatore non stabilito inevitabilmente incontra nell’operare in un mercato diverso dal proprio;

– il mercato dell’intermediazione immobiliare opera sempre più online e ha dimensioni globali, ed è pertanto fisiologico (anche in considerazione della particolare attrattività turistica del mercato italiano) che la maggior parte degli operatori (o, comunque, dei più grandi operatori) non sia né residente né stabilita in Italia; ciò, tuttavia, non comporta né dimostra che la normativa recata dal decreto legge n. 50 del 2017 abbia un implicito portato discriminatorio, trattandosi semplicemente dell’attuale condizione oggettiva del mercato (argomentare diversamente significa, potenzialmente, sterilizzare ogni intervento nazionale nel settore – che afferisce a locazioni di beni immobili situati in Italia – perché la maggior parte dei player di mercato opera in regime di libera prestazione di servizi);

– non sussiste una discriminazione indiretta e, dunque, la violazione del principio della libera prestazione di servizi, ma anche qualora si dovesse, in ipotesi, ritenere che la previsione di tali obblighi abbia leso indirettamene il principio di libera prestazione di servizi, tale lesione risulta in ogni caso giustificata da un “motivo imperativo di interesse generale”, quale la riscossione delle imposte;

– le misure adottate dal legislatore per assicurare tale primario interesse pubblico (la riscossione delle imposte) risultano pienamente conformi al principio di proporzionalità;

– la previsione di un obbligo di ritenuta e versamento a carico degli intermediari non residenti che siano intervenuti nel pagamento costituisce, proprio alla luce della previamente acquisita disponibilità delle somme da versare, una modalità applicativa idonea, necessaria e adeguata ad assicurare la riscossione del tributo; una diversa modalità eventualmente meno incidente nella sfera giuridica degli operatori non stabiliti rischierebbe di vanificare il pieno, concreto e tempestivo conseguimento dell’interesse generale perseguito dal legislatore nazionale;

– il regime fiscale previsto dal decreto legge n. 50 del 2017 disciplina, con previsioni uniformi per tutti gli operatori e prive di carattere discriminatorio, l’intero mercato dell’intermediazione immobiliare, nel perseguimento di un primario interesse pubblico;

– non c’è violazione della normativa sulla privacy, in quanto i dati menzionati dal provvedimento attuativo dell’Agenzia delle entrate n. 132395 del 12 luglio 2017 (il nome, cognome e codice fiscale del locatore, la durata del contratto, l’importo del corrispettivo lordo e l’indirizzo dell’immobile) sono quelli oggettivamente necessari ed indispensabili per la puntuale e compiuta identificazione dell’operazione, e dunque non sussiste alcuna violazione dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza del trattamento dei dati; inoltre non è richiesto il consenso degli interessati, posto che tale trattamento (afferente ad una vicenda contrattuale di locazione di beni immobili, come tale sottoposta alla legge italiana) è imposto da una specifica disposizione di legge.